giovedì 6 febbraio 2014

BUDDISMO: UNA RELIGIONE NON DI PACE

Più volte, nel corso della nostra storia, gli appartenenti ad una confessione religiosa hanno rivendicato e vantato un mandato divino per massacrare eretici, infedeli ed altri peccatori. Le storie di tutte le religioni sono pesantemente legate a vendette micidiali e distruttive, persecuzioni e guerre. Alcuni però, dicono che il buddismo è diverso, che i buddisti sono persone pacifiche, perchè così chiede la loro religione. Be', questo è uno dei luoghi comuni più vecchi e usurati dell'occidente. Solo negli ultimi vent'anni, i buddisti hanno combattuto ferocissime guerre in Thailandia, Birmania, Corea, Giappone, India e Sri Lanka.
Ma molti buddisti farebbero obiezione, affermando che nulla di ciò si applicherebbe al caso del Dalai Lama e del Tibet. Infatti la convinzione comune è che il Tibet fu, fino alla caduta del 1959 per mano della Cina, un regno basato sulla bontà, senza vizi e violenza.
In realtà, le cose sono decisamente diverse.
Nel 1959, quando il Tibet cadde nelle mani dei Cinesi, questo paese era, di fatto, ancora nel medioevo (parliamo di 55 anni fa). La maggior parte della terra era ancora organizzata attorno a proprietà feudali religiose o secolari lavorate da servi della gleba, sotto il controllo o dei ricchi Signori o dei ricchi Lama a capo della teocrazia, che non si facevano problemi a usare la forza per imporre il loro potere.
I lavoratori non avevano alcun diritto; i proprietari terrieri potevano disporre dei loro servi in ogni modo e le donne dovevano assecondare qualsiasi desiderio del loro signore. 
Se dobbiamo dar credito al racconto di una serva fuggiasca, il signore tibetano era solito selezionare fra il meglio della popolazione femminile di servitù della gleba: "Tutte le ragazze graziose della servitù erano solitamente prese dal proprietario come domestiche e trattate come lui desiderava." Esse "erano soltanto schiave senza alcun diritto."
La servitù necessitava di un permesso per recarsi ovunque. I proprietari terrieri avevano l’autorità legale di catturare e impiegare metodi coercitivi, sino alla violenza, nei confronti di quelli che tentavano di fuggire, obbligandoli a tornare indietro.
I ragazzini tibetani venivano regolarmente sottratti alle loro famiglie e condotti nei monasteri per essere educati come monaci. Una volta laggiù, erano vincolati per tutta la vita. Tashì-Tsering, un monaco, riferisce che era pratica comune per i bambini contadini essere abusati sessualmente nei monasteri. Egli stesso fu vittima di ripetute violenze sessuali perpetrate durante l’infanzia, non molto tempo dopo che fu introdotto nel monastero, all'età di nove anni.

Poi, è arrivata la Cina. 
La Cina è una dittatura dall'aspetto orrendo: ha commesso atrocità, sfrutta il popolo e condanna a morte. E per queste azioni non può e non deve essere difesa. Tuttavia, è bene sapere la reale entità di ciò che è stato commesso dai cinesi in Tibet. 
Qualunque ingiustizia e qualunque presunta nuova oppressione furono introdotte dai cinesi in Tibet dopo 1959, essi di fatto hanno abolito la schiavitù ed il sistema di servi della gleba e l’utilizzo di mano d'opera non pagata. Hanno eliminato il sistema delle tasse, creato piani di nuovi lavoro, ridotto in gran parte la disoccupazione e la miseria. Hanno costruito i soli ospedali che esistono nel paese, e un nuovo sistema educativo, rompendo perciò il monopolio educativo dei monasteri. Hanno costruito i sistemi d’irrigazione per l'acqua e portato l’energia elettrica in Lhasa. Abolito il sistema delle flagellazioni pubbliche, le mutilazioni e le amputazioni come criminali forme di punizione. Il governo cinese ha espropriato anche le proprietà terriere e ha riorganizzato i contadini in centinaia di comuni.
Dal 1961 centinaia di migliaia di acri precedentemente posseduti dai signori e dai Lama furono distribuiti agli affittuari ed ai contadini senza terra. Nelle zone pastorali, le greggi che erano state possedute una volta dai nobili furono date alle comuni dei poveri e dei pastori. Miglioramenti ed investimenti furono apportati nell'allevamento del bestiame e per le nuove coltivazioni di verdure e di frumento e orzo, che furono introdotti per la prima volta; fu pianificato il sistema di irrigazione, che hanno portato ad un notevole incremento della produzione contadina.
Il Dalai Lama afferma che la Cina, durante e dopo l’invasione del Tibet, ha ucciso 1.200.000 persone; ma nel 1953, sei anni prima dell’invasione, secondo il censo tibetano c’erano 1.240.000 persone. Il Tibet, nei primi anni sessanta, avrebbe dovuto essere uno sterminato cimitero. Cosa che nessuno ha mai visto o affermato di aver visto. 
Oggi il Dalai Lama parla di pace, tolleranza e promuove l’educazione delle donne, ma gli strumenti di tortura in Tibet sono stati vietati dai cinesi nel 1959, quando il Dalai Lama aveva 25 anni e si preparava a un futuro da re.
Se oggi il Dalai Lama parla di diritti, lo dobbiamo alla dittatura cinese che, con metodi secondo me sbagliati, ha paradossalmente liberato il Tibet.

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